BLACK MIRROR – invenzione o profezia?

Scrivo per questo blog da ormai poco più di un mese.

Da appassionata di horror, quale mi ritengo, scrivo perlopiù su qualsiasi prodotto del genere mi capiti tra le mani. Tuttavia, esiste una serie nata nel 2011 che mi ha totalmente conquistata, sebbene non appartenga per definizione a questa categoria, e mi rimprovero molto per non averne ancora scritto.
Sto parlando di Black Mirror.

Ora direte: “è vero che non è una serie horror, ma è anche vero che ci sono degli episodi indimenticabilmente creepy”. E avete ragione.

Ogni puntata, della durata di 40-45 minuti, è autoconclusiva e tratta un tema sempre diverso.

Ogni episodio è pregno di messaggi e, a sua volta, è collegato in qualche modo all’idea di base che ne caratterizza un altro.


Potrei spiegare Black Mirror così: uno show distopico, che dipinge futuri inquietanti utilizzando elementi ricorrenti.

Gli elementi in questione sono tre e sono presenti in ogni episodio: la tecnologia ed i progressi che ha compiuto negli anni, il lato oscuro dell’uomo, con le sue perversioni più strane e i suoi desideri più macabri e intimi, e lo schermo che, riflette i comportamenti dell’individuo all’interno della società.

Chiaramente in ogni episodio si enfatizza più esplicitamente un concetto piuttosto che l’altro.

In questo articolo non scriverò alcuno spoiler, ma mi limiterò a fare delle considerazioni sull’impatto psicologico che ha questa serie… o almeno le prime tre stagioni (preferisco non parlare delle ultime due uscite – faccio finta che non esistano e mi auguro che la sesta stagione in arrivo, probabilmente proprio quest’anno, sia di tutta un’altra pasta).

Se ancora non conoscete questo piccolo capolavoro vi consiglio caldamente di recuperarne tutti gli episodi, soprattutto quelli che mi sono impegnata a citare in questo articolo. Come potrete notare infatti, la didascalia di ogni immagine riporta il titolo e la stagione degli episodi più significativi e di impatto. Li trovate tutti anche su Netflix.

Black Mirror

Black Mirror è una serie antologica inglese del 2011, prodotta da Charlie Brooker per Endemol Shine Group.

Lo show è ambientato nel futuro, ma ispirato alla contemporaneità.
Scenari e personaggi sono diversi in ogni episodio, ma il filo conduttore di ognuno è lo stesso, ovvero il progresso della tecnologia ed il rapporto che hanno gli umani con quest’ultima.

Ogni puntata ricrea situazioni del mondo contemporaneo o futuro in cui una nuova invenzione, inesistente nel nostro mondo, ma realistica, stravolge la società e le vite dei singoli.

Distopia e utopia

Come accennato prima, questa serie ci mostra un futuro distopico.
Ma la particolarità (a parer mio geniale) è che sono tutte distopie utopiche.
Detta così è una contraddizione, quindi mi spiego meglio.

Siamo sempre stati abituati a show che mostravano solo gli aspetti negativi dei tre elementi citati sopra, confermandone poi, sul finale, gli svantaggi che comporterebbero.

Black Mirror invece, ci presenta inizialmente la fotografia di un futuro roseo e desiderabile che, proseguendo con l’episodio, si “sgretola” sempre più sotto i nostri occhi, facendone emergere, gradualmente, i pericoli. Lo fa servendosi di un unico personaggio e del suo dramma esistenziale, con cui facilmente riusciremo ad immedesimerci, toccandoci così in prima persona e facendoci sentire parte responsabile dei futuri disastrosi che conseguiranno dalle sue azioni.

L’aspetto più sconcertante di questa serie sta nel fatto che molte delle realtà descritte sono ormai così prossime che potrebbero certamente realizzarsi. Praticamente ci annuncia qualcosa che sta inevitabilmente per accadere.

Primo elemento: la tecnologia

La tecnologia è sicuramente l’elemento su cui la serie pone un forte accento.

Ogni nuova tecnologia mostrataci infatti, rappresenta la causa di tutto ciò che di brutto sta per succedere.
Il progresso tecnologico prende sempre più piede nel privato dei singoli individui, invadendo le loro vite e influenzando pesantemente i loro pensieri.

Ciò che turba più di tutto è che spesso si tratta di migliorie su strumenti già esistenti nella realtà e che, su due piedi, sarebbe facile tradurre in praticità e comodità che vorremmo avere.

Secondo elemento: Il lato oscuro dell’uomo

La tecnologia di per sé non è la fonte di ogni male poiché è una scienza moralmente neutrale.

Uno strumento tecnologico potente nelle mani sbagliate può generare il caos ed essere dannoso per gli altri e sé stessi (basti pensare all’avvento dell’Internet, con conseguente deep web ed attività illecite – o all’uso non appropriato che spesso si fa dei social network, soprattutto tra i giovani).

Il vero problema infatti è la coscienza umana e il desiderio di sfruttare quest’ultima per scopi impropri. Questo problema non riguarda un solo individuo, ma è applicabile all’intera società.

Ogni volta che il protagonista, cerca di cambiare vita seguendo i propri ideali e non abusando della tecnologia come fanno invece le masse, infatti, viene sempre emarginato o resta vittima del sistema spietato.

Lo schermo spento

In Black Mirror il tema dello schermo ricorre continuamente.

Se facciamo attenzione è possibile notare schermi quasi ovunque nei vari episodi. Il titolo stesso della serie è traducibile dall’inglese come “schermo spento”.

Lo schermo vuoto è una superficie nera che, oltre a trasmettere un insopportabile senso di vuoto, riflette la nostra figura e la nostra ombra. La stessa immagine che ogni giorno cerchiamo di “ripulire” dall’oscurità e dai nostri pensieri più macabri, cosa che, nella serie, non avviene quasi mai, malgrado gli sforzi del protagonista per riuscire nell’intento.

Questo elemento rappresenta una e vera e propria insana alienazione, in cui per i protagonisti non è più possibile comprendere i propri reali desideri e in cui esistere significa necessariamente “mostrarsi al prossimo”. Praticamente è il cosiddetto “vivere sentendosi costantemente oggetto del giudizio altrui” dal quale ognuno di noi cerca di fuggire.

Breve riflessione e commento personale

Ho scoperto Black Mirror su netflix molto tardi, circa 7 anni dopo la sua uscita in tv. Ho cominciato a guardarne alcuni episodi in un periodo della mia vita piuttosto complicato.

Ero giovane e avevo iniziato a vivere lontano da casa mia, con l’intenzione di provare a costruirmi una carriera e mantenere una relazione stabile con quello che ormai è il mio ex fidanzato. La mia inesperienza e la persona sbagliata accanto a me hanno fatto sì che ogni buona idea ed ogni buon proposito si distruggessero irrimediabilmente giorno dopo giorno. Di fronte a quel fallimento enorme che era stata la mia prima esperienza “da adulta” ero depressa e non volevo saperne più nulla di niente e nessuno.

Dopo l’ennesimo colloquio di lavoro andato male e la voce preoccupata di mia madre al telefono che diceva:”puoi tornare a casa quando vuoi”, parole che ormai avevo imparato ad ignorare troppo bene, volevo solo buttarmi sul divano e spegnere il cervello.

Uno dei miei contatti facebook, (che ancora oggi ringrazio infinitamente) conoscendo la mia “malattia” per gli horror, mi suggerì l’episodio “playtest – giochi pericolosi” definendolo agghiacciante. Un po’ per curiosità e un po’ perché già pregustavo il momento in cui avrei risposto a quel messaggio con un: “sei proprio una femminuccia”, ho preso il telecomando e ho assistito alla magia.

Quei 57 minuti volarono. Letteralmente.

Quella trama così semplice, eppure ben studiata, mi aveva in qualche modo aperto gli occhi e ha fatto sì che ci rivedessi me stessa e quel casino che era la mia vita in quel periodo.

Nella mia mente l’immagine con lo schermo dell’iPhone e la scritta “chiamata in arrivo da mamma” è ancora nitida e indelebile.

Successivamente ho scoperto che quello non era nemmeno uno degli episodi più belli…ma sicuramente quello che mi aveva segnata di più in quel particolare periodo della mia vita.

Non dico che Black Mirror abbia sostituito il lavoro di un bravo psicologo, né che quel singolo episodio mi abbia risolto tutti i problemi esistenziali. Probabilmente avrei comunque fatto le scelte che ho fatto per voltare pagina e tirarmi fuori da quella situazione… Ma certo è che mi ha fatto riflettere.

In seguito ho letteralmente divorato tutte le stagioni di quella serie e le ho anche riguardate più volte, notando ogni volta nuovi dettagli.

Non posso che consigliare questo capolavoro (escludendo quasi totalmente le ultime due stagioni) che ancora oggi, per me, rappresenta più che un semplice show.

In un mondo in cui è sempre più gettonata la cultura del “meno hai da pensare, meglio è” anche nell’intrattenimento e in qualsiasi forma d’arte, l’invito così insistente allo “spremere le meningi” che questa serie ci dà è apprezzabile e da non sottovalutare.

In conclusione stiamo parlando di un must see, che vi invito assolutamente a recuperare nel caso in cui ve lo foste perso.

Nel caso in cui invece lo conosceste già fateci sapere in un commento se lo avete amato come noi e perché.

Un commento

  1. Pingback:Love, Death & Robots – Commedia? - Femminerd - Home

Lascia un commento