THE HOUSE – Ricercare sé stessi tra calce e mattoni.

The House è un’antologia horror per adulti animata in stop-motion che racconta tre storie diverse, ma che hanno un unico comun denominatore: la casa.
Il film è stato prodotto per Netflix nel 2022, dai Nexus Studios di Londra ed è uscito in Italia proprio qualche giorno fa.

Le storie mostrano le vicende di tre protagonisti diversi in periodi diversi.

Inizialmente è difficile comprendere e interpretare questo film. La certezza di ciò che avevo appena visto mi è stata data sui titoli di coda, dalle note di:”What’s the difference between a house and a home?” di Jarvis Cocker.

Queste tre storie estremamente semplici infatti, ci mostrano la differenza tra la parola “house” e la parola “home”.

Sebbene in italiano i due termini vengono tradotti come “casa”, in inglese hanno due significati simili in termini di forma e concretezza, ma totalmente diversi sul piano astratto e emotivo.

La parola “house” determina infatti la casa come struttura vera e propria.

Un edificio più o meno complesso, con un suo stile di costruzione, una forma e un colore piacevole all’occhio, ma che può celare, al suo interno, un ambiente ostile e opprimente.
“House” è semplicemente ciò che traccia il confine tra dentro e fuori, un insieme di mattoni e cemento.

Col termine “home” invece si intende l’ambiente caldo e confortevole che ci dà conforto e quasi ci abbraccia. È l’insieme di persone, arredamento ed oggetti che si trovano all’interno della suddetta costruzione.

Le tre storie sono state proposte in un ordine preciso, poiché si vuole mettere in evidenza l’evoluzione che vive la casa nel tempo, dal momento della costruzione all’istante dell’abbandono.

Heard Within, a lie is spin – *dentro di me si intesse una menzogna*

Nella prima storia la casa è ancora in fase di costruzione…un insieme di calce, mattoni e assi di parquet, che vive da vicino le vicende di una strana famiglia.

È la storia più macabra tra le tre.

Abbiamo di fronte un ambiente inquietante, atmosfere spettrali e protagonisti dal design e dalle forme sproporzionate e innaturali. La palette colori è scura, ma calda. La dominanza di colori caldi su quelli freddi è notevole in ogni frame.

Scelta particolare, direte voi. Ma ben contestualizzata con il finale di questa ministoria che vede colori caldi, sempre più caldi, come le fiamme tra cui la “house” verrà poi divorata: Il primo passo verso la trasformazione.

Then Lost is Truth, that Can’t be Won – “Perduta è la verità che non si può vincere”

In questa seconda ministoria, la casa assume un altro ruolo: non vuole proprio collaborare col protagonista, un topo antropomorfo, che cerca di farla sembrare bella e moderna, quando, ahimè, la casa è totalmente marcia al suo interno e infestata da larve e scarafaggi. A questo problema, si aggiunge il disagio provocato da una coppia di ospiti che si insinuano nella casa e infastidiscono il protagonista e la sua routine.

Qui semplicemente il protagonista “si rassegna” (non che abbia molte alternative) alla casa e ne viene come inghiottito.

Listen Again and Seek the Sun – “Ascolta di nuovo e cerca il sole”

Si riaccende un barlume di speranza con l’ultimo minifilm che lascia spazio a un nebbioso post-horror iniziale stile Silent Hill. Non esistono infatti elementi spiccatamente horror, ciò che genera inquietudine è ciò che “intravediamo” all’esterno dell’inquadratura, ovvero la fitta nebbia e l’alta marea, dovuta a un alluvione.

Quest’ultimo episodio è ambientato nel futuro, in un mondo popolato da gatti, che incarnano molti dei problemi generazionali contemporanei, tra cui smarrimento esistenziale, frustrazione per i fallimenti e attaccamento a una particolare situazione avvilente che si ripete in loop.

La storia cambia quando la protagonista della vicenda, stanca di tutto, apre gli occhi e realizza quanto il cambiamento sia necessario per ritrovare la felicità e lasciarsi alle spalle la deludente routine di pensieri.

Se la prima storia ci racconta della costruzione della casa partendo dalle fondamenta, le ultime due ci mostrano di complicate ristrutturazioni e cambiamenti impossibili.

Alla fine, l’attesa trasformazione da «house» in una «home» viene messa in atto, ma non senza passare prima per un profondo cambiamento a livello personale e sociale. La morale della storia salta all’occhio proprio sul finale, è molto attuale e applicabile per ognuno di noi: per pensare di riprogettare l’esteriorità, bisogna, prima di tutto, lavorare su chi siamo e fare in modo che il cambiamento avvenga gradualmente e partendo dall’interno.

Conclusione

Vorrei dare a questa piccola perla un 9 pieno.

Ho dovuto riguardarla due volte per cogliere tutti gli aspetti che, a prima vista, non sono immediati. Nonostante questo, ho sicuramente perso dei dettagli che salteranno all’occhio nel prossimo re-watch.

Ho apprezzato molto le scelte stilistiche, la fotografia e le inquadrature. La tecnica di stop motion così ricercata compensa la semplicità quasi infantile delle trame, che creano, a loro volta, un forte contrasto con ciò che invece vogliono insegnare.

Il character design, l’animazione e le scenografie sono particolari e impeccabili, ma quel che stupisce è che il film cerca di dare speranza a chi si trova, come i protagonisti delle storie, in situazioni che generano malessere Ci invita a non farci divorare dalla sofferenza, ma di accettare il dolore, prenderne coscienza e ripartire.

Sarà il periodo particolare che sto vivendo, sarà che, nonostante le atmosfere horror iniziali, sono riuscita a cogliere il messaggio positivo, ho amato questa serie e suggerirei a tutti di guardarla, almeno una volta.

E voi? Conoscevate The House? Vi ha subito colpito non appena comparso nella sezione “novità” di Netflix, o lo avete già aggiunto alla lista dei “da guardare più tardi”? Cosa ne pensate? Fatemelo sapere in un commento.

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