Ori and the Will of the Wisps – Tra colori ed emozioni

Qualche settimana fa mi è capitato tra le mani un gioco che ho rimandato per un bel po’ di tempo, sto parlando di Ori and the Will o the Wisps.

Quello che cercavo era un gioco per passare qualche ora di svago, senza troppo impegno. Invece mi sono trovata a ripetere alcuni livelli più e più volte, in alcuni casi perdendomi nella mappa o morendo a ripetizione.

In questo platform metroidvania adventure game impersonifichiamo uno spirito della luce, Ori. Il videogioco sviluppato da Moon Studios e distribuito da Microsoft Studio su Pc e Xbox è il sequel di Ori and the Blind Forest che vide la luce nella sua prima versione a marzo 2015.

A distanza di cinque anni, nel 2020, abbiamo avuto finalmente la possibilità di giocare al sequel che come il suo predecessore non ci risparmierà dal versare qualche lacrima.

Breve trama non spoiler

Il videogioco inizia mostrandoci Ori che insieme a Naru e Gumo accolgono nella loro famiglia la piccola gufetta Ku, ultima discendente di Kuro, antagonista nel prequel.

La gufetta verrà accolta nella famiglia allargata con amore e affetto e nonostante la malformazione che colpisce la sua ala vivrà in armonia e serenità. Almeno fin quando, crescendo, non comincia a sentire il desiderio di solcare i cieli. Così Ori, grazie all’aiuto di Gumo e ad una piuma, eredità di Kuro, riuscirà a costruire una portesi per Ku e insieme spiccheranno il volo lasciandosi alle spalle la foresta di Nibel.

Raggiungeranno un’altra regione chiamata Niwen dove, inseguito ad una tempesta, cadranno e finiranno per separarsi. Così inizierà la nostra avventura, alla ricerca della piccola Ku ma anche per salvare Niwen dal Declino, la forza malvagia che sta devastando la regione.

Considerazioni

Come già vi accennavo mi sono avvicinata a questo titolo alla ricerca di un gioco leggero e che mi tenesse compagnia per qualche ora, senza troppo impegno. Sbagliato!

Il gioco è veramente molto impegnativo e richiede una coordinazione quasi millimetrica. Sbagliare un salto o una sequenza di azioni per spostarci da una piattaforma l’altra significa andare verso la morte, o peggio, cadere qualche piano più in basso ed essere costretti a fare un giro che vi toglierà almeno 2 o 3 minuti di gioco.

Ora, ammetto con mio rammarico che i miei tempi di reazione sono quelli di un bradipo in fin di vita, ma era veramente esasperante! Le meccaniche erano semplici da capire, almeno in alcuni casi, ma riprodurle poteva risultare abbastanza arduo.

Per non parlare degli enigmi o dei passaggi bloccati da dover aprire: spesso mi sono trovata a girare e rigirare, passando nello stesso punto senza capire bene dove dovessi andare.

Quindi le mie ore di relax si sono trasformate velocemente in ore di tormento dove incolpavo le mie stupide mani di non essere abbastanza veloci oppure a guardare la mappa ad ogni passo per capire se stavo o meno saltando un passaggio.

Ma non prendete queste considerazioni come punti a sfavore, anzi! Sono del parere che questo gioco abbia il giusto livello di difficoltà. Certo non era esattamente quel che stavo cercando in quel momento ma devo dire che mi sono profondamente innamorata di questo titolo.

Altra caratteristica che ho amato sono le luci e i colori di cui possiamo godere ad ogni salto ed in ogni paesaggio. Anche i luoghi più oscuri nascondevano dei colori che ti complivano ad ogni passo.

La trama, così come il prequel, ci regala delle emozioni e ci scuote un po’ nel profondo nonostante i dialoghi siano veramente molto pochi.

In conclusione posso dire di essermi imbattuta in un gioco davvero straordinario, anche se snervante in alcune occasioni. Voi cosa ne pensate? Ci avete già giocato? Fatecelo sapere con un commento qui sotto!

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