Dahmer – Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer

Nonostante sia passato un mese dalla sua uscita, questa serie rimane ancora sul podio di Netflix per le serie del momento. E se ne sente parlare ancora, per il riverbero sulla massa, ma perché? Abbiamo chi l’ha trovata brutta e noiosa e chi invece l’ha osannata. Si è sentito addirittura di qualcuno che si sia innamorato di Dahmer. Quindi la domanda rimane, perché?

Tutta la serie mi sentirei di descriverla come lenta, se siete alle prime puntate e pensate che poi si velocizzerà, vi dico già di no. Solo successivamente si capisce però che la lentezza è voluta, per farci entrare nei sentimenti e nelle vicende di Jeffrey. Immedesimarsi in un serial killer risulta abbastanza complicato, ma l’intento della serie non verte a quello.

Certo, quando ho premuto lo start della serie pensavo di trovare la classica serie tv su un serial killer, un po’ cruenta e un po’ splatter. Invece ho trovato una narrazione fin troppo normale. E proprio qui secondo me ci sono i sentori di cosa può inquietare di questa storia, la normalità. Le scene violente e i morti le mettiamo in conto visto che si parla di un killer, ma quello che viene trasposto sulla pellicola è anche la normalità della vita di Dahmer.

Primogenito di una madre con malattie mentali e un padre che preferisce stare a lavoro anziché a casa. Alla fine i genitori divorziano e Jeff viene abbandonato a 18 anni sia dalla madre che dal padre. E sono certa che tutti noi abbiamo almeno un amico o qualcuno che conosciamo con una storia così.

Ma perché allora qualcuno dice che Jeff Dahmer non era un mostro? Perché viene giustificato con la storia del sentirsi solo, del non riuscire a controllare l’impulso omicida. Nella serie viene descritto il malessere in cui lui versava, ma a parer mio non viene neanche data una giustificazione a quello che ha commesso. Anche perché di giustificazione non ne ha.

Una puntata dedicata al padre “Lionel” in parte, nella miriade di cose che questo personaggio ha trasmesso, racchiude una perla che mi sento di indicare come discriminante fra un qualunque essere umano e un killer. Mentre si sfoga con la moglie, imbevuto dei sensi di colpa che un qualunque genitore si possa fare in una situazione del genere, dice che nonostante anche lui in passato provasse piacere a sezionare gli animali e fosse curioso per gli esseri umani, sapeva che non si doveva fare perché era male.

Quindi, vero che Jeff Dahmer non abbia avuto una vita facile, ma non si può assolutamente giustificare per questo. Nella serie viene messo in rilievo un altro personaggio, Tony Hughes, il ragazzo sordo con il quale Jeff sembra tenere un qualcosa di simile ad una relazione. Anche Tony, per via del suo essere sordo, gay e nero, è rimasto spesso da solo.

Un’altra cosa che traspare dalla serie è la volontà di Jeff di voler essere perdonato. Un sentimento umano questo, cerca il perdono anche attraverso il battesimo. Inizialmente chiedeva la sedia elettrica, e in parte durante le vicende si percepisce anche un suo desiderio di voler essere catturato. Forse provava malessere in quello che faceva, ma non aveva coraggio per costituirsi? Oppure il sapere di averla scampata ancora era più bello?

Conclusioni

Alla fine quello che scrivo sono solo miei pensieri avuti durante e dopo la visione della serie, che nel complesso mi sento di consigliare. Ma armatevi di pazienza perché è davvero lenta. Se invece l’avete vista e volete lasciare un commento o un parere, scrivete pure!

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