THE VANISHING OF ETHAN CARTER – C’è del gioco in questo Lovecraft?

Ebbene, con SOLO 7 anni di ritardo, la vostra Grumpydemma si decide ad installare sul pc The Vanishing of Ethan Carter. Ne avevo sentito parlare molto, con recensioni anche abbastanza positive, ma non ero per niente attratta dal nome del gioco.
Questo titolo, sviluppato in Polonia, da The Astronauts, è stato distribuito nel 2015 su tutte le piattaforme. Si tratta di una rilassante avventura grafica con atmosfere, nemmeno troppo velatamente, Lovecraftiane.

Impatto iniziale e gameplay


Il gameplay è impostato come un open world in cui il giocatore deve esplorare, a suo piacimento, l’area che lo circonda e può usare abilità particolari per indagare e risolvere vari crimini.


L’ impatto iniziale è stato molto particolare. Normalmente ci si aspetterebbe un minimo di introduzione quando si parla di “narrazione videoludica”, come in questo caso. E invece no.


Di fatto, nessuna voce narrante spiega il motivo per cui il nostro personaggio si trovi lì, nè che cosa deve fare esattamente. Solo la scritta:”. The Vanishing of Ethan Carter è un’esperienza narrativa che non prende il giocatore per mano”.

Un po’ spiazzante devo dire.

Non mi aspettavo certamente una fanfara di benvenuto, ma almeno qualche dettaglio in più, no?
Vista la mia totale incapacità, nella vita reale come nei videogiochi, di risolvere enigmi strambi o di improvvisarmi detective, ero quasi tentata di lasciare tutto e tornare a recuperarmi American Horror Story, ma, facendo un rapido controllo della zona circostante e facendo camminare il nostro personaggio su e giù dalle rotaie di un treno (sì, è da lì che ti fanno cominciare, eheh) mi sono imbattuta in ambienti mozzafiato, immagini di montagne e foreste autunnali da cartolina, accompagnate da melodie meravigliosamente inquietanti e malinconiche.


Sin da subito ci si ritrova a vagare per boschi e sentieri, in luoghi suggestivi, che, per quanto belli e dettagliati, fan sì che il giocatore percepisca subito un senso di oppressione e respiri l’aria sinistra che caratterizza Red Creek Valley.
Capiamo dopo poco di giocare nei panni di Paul Prospero, detective del paranormale, e che i motivi per cui ci troviamo lì non sono casuali: a chiedere il nostro intervento è stato Ethan Carter, un ragazzino di soli dodici anni.
Giunti però a Red Creek Valley, ci si para di fronte quello che sembra essere un villaggio minerario, abbarbicato sui monti ormai disabitato da tempo. Nessuna traccia nè del ragazzino, nè di altri abitanti. Guardandoci attorno possiamo però scorgere, sin da subito, indizi di oscuri eventi passati fatti di fantascienza, omicidi, storie di possessioni e di magia nera. Per risolvere il caso (o meglio, i casi!) potremo fare affidamento solo sulle nostre particolari abilità e sfruttare le visioni del passato che ogni oggetto e ogni luogo ci fanno avere.

Cosa ci piace e cosa no?

Come accennato poco fa, le primissime cose che è possibile apprezzare di questo titolo consistono nella bellezza dei paesaggi, il fotorealismo che li caratterizza e le colonne sonore.


Per quanto riguarda il gameplay siamo alle solite: un amante del genere probabilmente impazzirebbe per un titolo così, un fanatico di Call of Duty, amante dell’azione, difficilmente lo troverebbe godibile.
Tuttavia, anche per chi, come me, è riuscito ad apprezzare questo titolo così particolare, è innegabile che vi siano dei “problemi”.
Parlo di “problemi” tra virgolette, perchè si tratta di incertezze dovute esclusivamente alle scelte fatte dagli sviluppatori del gioco, condivisibili o meno, e non problemi di natura tecnica, come bug e macchinosità dei comandi.


Il primissimo sassolino nella scarpa che ho potuto riscontrare è l’assenza di una mappa. Credo sia stato il fattore più fastidioso, lo stesso per cui molti, prima di me hanno abbandonato il gioco a metà.
Non poter contare sull’utilizzo di una mappa in un open world è come avere un piatto di pastasciutta sotto il naso e doverlo mangiare senza forchetta, ma senza però sporcarsi le mani.
Tutto molto bello, ma fino a un certo punto.
Il rischio che si lasci indietro qualche pezzo è molto alto, soprattutto all’inizio, soprattutto se non si sta seguendo una guida. E così anche il senso di frustrazione accusato all’idea di vagare senza meta precisa in un contesto dispersivo e in cui, man mano che andiamo avanti nella trama, scarseggiano le interazioni con gli oggetti.


Un’ altra nota che, personalmente, ho trovato negativa, è l’inserimento di una sezione stealth, che, oltre a mettere alla prova le mie coronarie, era totalmente inaspettata e fuori luogo. E’ comprensibile, per uno sviluppatore pensare di “aggiungere pepe” in una sua opera, ma non credo lo richiedesse ai fini della trama, o per rendere il gioco più bello.
Per il 95% del gameplay si risolvono enigmi e si “passeggia” ascoltando la voce narrante di Prospero, quindi difficilmente il giocatore sarà preparato o avrà voglia di immergersi in dinamiche simili.


L’ultimo punto debole di questa esperienza videoludica è stato, secondo il mio parere, la totale assenza di un tutorial. Quando ho capito come sfruttare al meglio i “poteri” del mio personaggio ero a 30 minuti della fine del gioco. Durante le ore precendenti avevo indovinato la risoluzione dei vari casi, come si suol dire “a sentimento”.

Conclusione

Per dare un voto a questo gioco e consigliarlo o meno a chi si imbatte per la prima volta in questo titolo mi sento di scrivere due o tre punti da tenere in considerazione.

La prima considerazione da fare è che si tratta comunque di un Indie. Premierei quindi l’impegno che The Astronauts ha messo nella creazione dettagliata degli ambienti e nella trama intricata del gioco, nonostante sia una piccola casa videoludica che certo non vanta il budget di The last of us o di un qualunque gioco AAA.

Nonostante io non sia riuscita ad apprezzare l’idea del non dare nessuna linearità al gameplay, (non solo il gioco “non mi ha presa per mano”, ma mi ha letteralmente trascinato nel bosco buio e lasciata lì senza strumenti per sopravvivere) trovo l’idea abbastanza originale e credo che, se sviluppata un po’ meglio, avrebbe potuto dar luce a un capolavoro.


Un punto in più, inoltre, va dato per il doppiaggio in italiano. Non che non apprezzi titoli non doppiati, chiaro, ma sicuramente sono riuscita a godermelo di più.

E infine, ma questa è una nota totalmente soggettiva e personale, da amante dell’horror quale sono, ho avuto un brividino d’orgoglio ogni volta che ho visto in questo gioco una citazione, un indizio, un riferimento a Lovecraft. Ho amato le atmosfere cupe, la palette colori, le inquadrature e l’inquietudine trasmessa dal pianoforte in sottofondo.

Per queste ragioni mi sento di dare a questo titolo un 7, con la speranza che in futuro ci regali altre perle simili, magari studiate un po’ meglio questa volta.

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